I film di Fiorentina – Napoli
La Fiorentina capolista perde contro un buon Napoli, pagando a caro prezzo le due disattenzioni che hanno favorito i gol partenopei. La gara è la dimostrazione che nel calcio vince chi sbaglia meno. I viola hanno comunque sfoderato i classici elementi del calcio di Sousa; gli ingredienti, ottime uova fresche di giornata, che consentono di mantenere il primato in classifica: tecnica, tattica, compattezza e tanta corsa.
Un primo tempo a ritmi sostenuti, con il joystick in mano agli uomini di Paulo. Si taglia a fette l’analisi tecnico-tattica, ma si rischierebbe di perdersi nei meandri di periodi e grammatiche trapattoniane, e al netto dei pochi tiri in porta forse conviene focalizzare sui singoli:
«Quel ragazzo è uno spiritaccio. Ha molto fegato, si butta anima e corpo in ogni cosa che fa e queste doti sono preziose una volta avviato nella direzione giusta». Mago Merlino, La Spada nella Roccia
Mai descrizione fu più appropriata per descrivere un giocatore della Fiorentina. Chi? Ma come chi? Mago Merlino si riferisce a Semola, avete presente? Capelli biondi, gambe secche, corre sempre in qua e in là, grande cuore? È il Berna! Il futuro Re Artù di Carrara. Federico Bernardeschi ha talento da vendere, si vede anche in nazionale. Deve, esattamente come il Semola della Spada nella Roccia, affinare le sue armi e trovare un’armatura; il precettore potente alla Merlino ce l’ha visto che Sousa è un po’ mago. Corre tanto, su tutti i palloni, forse troppo. La foga che mette in ogni azione rischia di offuscarne il talento e soprattutto di stremarlo anzi pria il tempo, e nel corso della partita spesso lo vediamo diventare rosso e paonazzo come un inglese; scherzi della pigmentazione cutanea. I ritmi della serie A sono molto elevati e il Berna deve prenderne ancora le misure; lui che dotato di mancino spettacolare ha bisogno di arrivare fresco in zona tiro. Il peso del 10 sulle spalle è grande e forse anche il San Paolo gremito è roba da far tremare le gambe. Ma una cosa è certa, Federico arriverà a tirare fuori le spade dalle rocciose difese di Italia ed Europa.
Il tris d’assi in mezzo al campo: un uruguaiano, uno spagnolo e un croato nel remake de “Il Buono, il Brutto è il Cattivo”. I tre fantastici centrocampisti tessono meravigliose trame e il loro carattere si interfaccia benissimo come i tre attori al cospetto di Sergio Leone. Borja Valero come Eli Wallach il brutto, scanzonato col sorriso che si fa beffa degli avversari. Vecino è incredibilmente simile a Lee Van Cleef, il tremendo Sentenza nel film ovvero il cattivo, che alla precisione millimetrica nei passaggi aggiunge la cattiveria contro gli avversari; non si perita nei contrasti duri causando qualche fallo di troppo. A Badelj il difficilissimo ruolo di Clint Eastwood, in effetti è freddo e glaciale, ma anche eleganza e leggiadria nelle giocate, portandosi a spasso il centrocampo napoletano. Al trio è mancata solo una cosa, l’incisività. Forse la prestazione meno spensierata dei tre e di conseguenza meno fantasiosa. Ci sarà tempo per un bellissimo mexican stand off (stallo alla messicana), finale in cui i tre puntandosi il pallone a vicenda arriveranno in porta facendoci rimanere a bocca aperta.
Per chi vuole ecco qui la scena finale del film
Corre sempre forte quel cavallo purosangue che è Marcos Alonso. Sulla fascia è irruento, ricorda il Varenne dei tempi migliori. Si fa beffa di Callejon, non proprio l’ultimo arrivato ovvero uno che su Wikipedia ha una sorta di dichiarazione d’amore fatta da Josè Mourinho. Il duello tra i due spagnoli è scintillante e spesso nel corpo a corpo è il madrileno ad aver la meglio. Finisce da qualche parte nel rione Sanità la conclusione di Marcos che per valicare il muro difensivo napoletano ci prova dalla distanza, sempre una buona idea ma calibriamo la mira.
Eccoci ai tre pierini della gara. Nenad Tomovic al rientro dagli spogliatoi si accorge d’essersi scordato il pizzetto a casa e mentre ci ragiona viene beffato dall’asse Hamsick-Insigne (gli uomini più tatuati del mondo). Gonzalo, riparte palla al piede dall’area di rigore e concentratosi sull’arrivo imminente del figlio si fa sottrarre palla. Ilicic, dopo un iniziale buon impatto sulla partita con un assist al bacio per Kalinic, si fa soffiare la palla dall’indemoniato Higuain; l’argentino non solo ruba il pallone, ma cerca e ottiene l’uno-due e va in rete. Pagando a caro prezzo queste disattenzioni, una buona Fiorentina dimostra che al di là del risultato c’è; è presente in tutto; continua il sodalizio con la città e con i tifosi, dei quali un ristretto numero è andato ad accogliere la squadra alla stazione.
Killer Kalinic conferma il suo status di bomber assoluto, al di là delle aspettative; mostra anche il carattere andando a rompere le scatole a Reina, che di sicuro non è un tranquillone. Il ragazzo pallido e come si dice a Firenze “ciucciato” trasforma in oro tutto quello che tocca.
Dalle sconfitte è importante imparare e crescere, e ora dall’alto del primo posto testa alla Roma. E sotto l’elsa in lettere d’oro erano incise queste parole: “Chiunque estrarrà la spada dall’incudine della Roma, confermerà il primato di capolista”.
Gilberto Bertini
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