Massacri, sangue e nazisti nel Borgo di San Cresci

Dove andreste a cercare luoghi maledetti? Se vi dicessero che poco fuori Firenze c’è un antico borgo che nel corso dei secoli è stato teatro di massacri,  culti e efferatezze naziste? Abitato fino ai primi 90′, e poi caduto in totale rovina, ci credereste? Stanze oscure, scale fatiscenti e strani rumori nel buio  sono l’attuale cornice di San Cresci in Valcava. Anzi lo erano fino a pochissimo tempo fa fino a che un progetto di rinascita del borgo non ha intrapreso l’ardua via del ripopolamento.

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La collina di S.Cresci in autunno

Ma mettiamo un po’ di ordine:

Mentre in Britannia si assestava una delle più grandi invasioni della storia dell’uomo, quella degli Angli e dei Sassoni a discapito dei Britanni nell’attuale Inghilterra, nelle terre fiorentine si pensava a costruire chiese e pievi. Anzi invece che costruire, ex novo, il culto cristiano pensava a convertire i tempi pagani. È questo il caso della pieve di San Cresci, risalente al 500 d.c, edificata proprio su un tempio pagano. Dagli scavi sono emerse monete romane e ossa di animali sacrificati. Dalle ricostruzioni la storia di San Cresci sarebbe iniziata con un agghiacciante martirio. Eh si perchè 250 anni prima della costruzione di chiese cristiane, gli imperatori romani intraprendevano azioni militari per sterminare i cultori di Dio. L’imperatore Decio ordinò lo sterminio dei cristiani che si radunavano di notte nei boschi attorno a Firenze. Tra questi erano presenti Miniato, un esule figlio di un re dell’Armenia e Cresci un giovane biondo venuto dalla Germania per unirsi ai seguaci di Cristo. A Cresci venne tagliata la testa e portata infilzata sulla spada dal centurione romano al prefetto di Firenze. Peccato che non arrivò mai a destinazione; la leggenda narra che la testa di Cresci il martire diventò troppo pesante per essere portata, a tal punto da far cadere e soccombere il soldato romano. Proprio in quel punto, dove fu poi seppellito Cresci, i suoi seguaci si radunavano per piangere sulla tomba e pregare. I romani provvidero ad arrestare questi uomini e rinchiuderli nel tempio pagano; in quella struttura fredda e spaventosa morirono sepolti vivi, tra atroci sofferenze. In quel luogo è sorta la pieve di San Cresci, il primo martire della storia del cristianesimo in Toscana. Ancora oggi nella Pieve sono conservate le ossa di Enzo, Omnione e Panfila i devoti amici di Cresci. Gli affreschi dell’Ademollo raccontano del martirio.

Intorno alla pieve, a stenti si è sviluppata la vita. In un borgo nascosto dietro qualche collina nel crocevia di storie tra Borgo San Lorenzo e Vaglia.

SCresci
La pieve

 

Ma la pieve non è l’unico edificio degno di nota a San Cresci. A sovrastare la zona è una enorme villa. Di stile mediceo, ad oggi fatiscente. Originaria del 1500, più di mille anni dopo il martirio, la villa è appartenuta alla famiglia dei Gondi. Nobile e di origini francesi vicini all’impero carolingio, i Gondi possedevano quasi tutto nella Valcava. Villa la Quiete ha ospitato nobili e signori in fuga dalla stressante vita cittadina. E così nel suo accogliente piazzale con pozzo annesso ha ospitato il Granduca di Toscana Cosimo III e il futuro imperatore d’Austria Pietro Leopoldo di Lorena che non esitò a favorire un restauro della villa, dal quale deriva l’attuale aspetto. Ma la gloria e la ricchezza non sono eterni e anche lo splendore della villa La Quiete sarebbe dovuto finire. La famiglia Gondi ebbe una riveduta dei possedimenti e così l’ampia villa sede di stupende vacanze nel verde passò a delle parenti molto più umili. Lisabetta e Caterina Gondi erano appartenti alla “Congregazione delle Minime Ancelle della SS. Trinità”, meglio note come “Montalve”. La villa passò nelle mani della congregazione religiosa per evitare la confisca da parte delle forze dell’occupazione francese.

Le suore Montalve hanno gestito la villa per più di un secolo. La primaria funzione era per vocazione quella di educare e crescere i bambini delle famiglie più abbienti. Villa la Quiete si è trasformata nel corso dell’800 in un vero e proprio collegio con appartamenti, mense e aule.

Villa_la_quiete_retro

Nota triste e allo stesso tempo ricca di vita è risuonata durante la seconda guerra mondiale. L’occupazione nazista si estese in tutta Italia. La Toscana fu dilaniata dalle stragi; da Marzabotto a San Piero a Ponti. Anche il Mugello fu teatro di rappresaglie. E così San Cresci, che oltre a collegio era anche una vera e propria comunità. Le testimonianze parlano della visita di una pattuglia di nazisti nel cortile della Villa a passare in rassegna gli abitanti, le suore e i bambini. Nella zona del Mugello partigiani e preti andavano d’accordo in nome della vita; e così le porte dei conventi e delle ville furono aperte ai fuggitivi come gli ebrei. Messi in posizione di ispezione gli abitanti di Villa La Quiete trattennero il respiro dalla paura più totale d’esser scoperti a proteggere altri uomini. I nazisti non trovarono quello che stavano cercando e furono acquietati dall’offerta di prodotti locali.

L’opera delle Montalve è andata avanti per tutto il secondo dopoguerra, fino al 1992. Un decreto ministeriale tolse autorità agli ordini clericali e le suore persero il diritto alla villa che passò nelle mani dell’Università di Firenze. L’uscita di scena delle suore ha comportato la fine del borgo di San Cresci che oltre il decadimento strutturale della Villa ha visto la rovina dei poderi contadini circostanti. Gli edifici e le strutture un tempo appartenute alla famiglia dei Gondi sono completamente abbandonate, fatiscenti oltre che pericolanti. Ho visitato la struttura nell’estate 2014, trovando i classici segni dell’abbandono dai calcinacci al giardino trasformato in giungla. In una stanza c’era un pipistrello che si aggirava minaccioso. Nel sottosuolo erano presenti le botti del vino, un tempo in produzione.

Ad oggi il Borgo di San Cresci in Valcava sta per aggiungere un nuovo tassello alla sua incredibile storia. È nato infatti il “progetto San Cresci”, ovvero un ecovillaggio basato sul benessere e la possibilità delle persone di realizzarsi all’interno della natura. É possibile qui  trovare maggiori informazioni.

Gilberto Bertini

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