XXX Edizione per il Festival Fabbrica Europa
(CS) Il cuore della XXX edizione del Festival Fabbrica Europa – nella danza, nella musica, nelle arti
performative e nel loro intersecarsi – vuole essere un richiamo all’essenzialità della terra. Non nella
sua oggettività, ma in una sorta di sogno creativo, nel guardare a quelle forze generative che la abitano
oltre il tempo e la storia, oltre gli stereotipi e i pregiudizi. Un tracciato trasversale è rappresentato da
presenze femminili visionarie, protagoniste sulla scena con la potenza, la profondità e la spiritualità
delle figure archetipiche o con l’intensità del segno sociale, politico e culturale più attuale.
Dall’8 settembre al 12 ottobre, il percorso del festival affonda nei linguaggi della contemporaneità, da
immaginare come una visione dalle radici forti ma con uno sguardo rivolto al futuro. In particolare, sarà
un momento per riflettere sull’attuale condizione delle arti performative grazie alla presenza di grandi
maestri e di nuovi talenti del panorama nazionale e internazionale. Artisti che attraverso linguaggi
multidisciplinari compositi, ibridi, raccontando dell’oggi fragilità e sfide ed evocano identità, ritualità e
segni del passato che aiutano a mettere in discussione il presente.
Progetti, spettacoli, concerti, performance, creazioni site specific, incontri, workshop abiteranno
spazi carichi di suggestioni e teatri del territorio pensati e immaginati per ogni proposta artistica, in una
geografia diffusa che unisce centro e periferie: PARC Performing Arts Research Centre, Manifattura
Tabacchi, Museo Novecento, Palazzina Reale, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Teatro
Cantiere Florida, La Compagnia, Tenax.
FABBRICA EUROPA XXX: UN MESE DI FESTIVAL CON 26 GIORNI DI PROGRAMMAZIONE, 56 RAPPRESENTAZIONI, 35
COMPAGNIE/FORMAZIONI, 8 SPAZI, 2 PRODUZIONI, 5 COPRODUZIONI, 10 PROPOSTE INTERNAZIONALI, OLTRE 100
ARTISTI, 15 PAESI.
Apre il Festival un protagonista della scena internazionale, Romeo Castellucci. La sua ultima
creazione, domani, su musiche del visionario compositore e sound artist Scott Gibbons, è un’azione
performativa concettuale, un intervento minimale che si rivela al pubblico come un’azione reiterata, un
moto instancabile ed essenziale. domani produce segni che, attraverso un gioco di rimandi, esprimono
attivamente dei contenuti, ovvero significano altro da sé. domani, nella sua oscurità, trama con un
potenziale mitico riattivato da fusioni e innesti. Nello sguardo perturbante della performer – la brasiliana
Ana Lucia Barbosa, imponente per l’altezza fuori scala, piedi nudi e lunghi capelli neri zuppi d’acqua – è
convocato il topos della chiaroveggenza, facoltà divinatoria ricevuta in dote con la cecità e condizione
da cui si prende parola in nome del futuro. domani è allora una figura del tempo incapace di elaborare il
trauma, di fare i conti con la nuova cosmologia che ha messo in crisi l’andamento progressivo della
freccia del tempo. La cesura del presente è l’unico intervallo saturabile (8>10/09, Palazzina Reale).
Un’artista che ha fatto dell’attivismo uno degli elementi centrali del suo lavoro è Elle Sofe Sara,
coreografa, regista e filmmaker norvegese di origine Sami. Le sue creazioni sono legate alla realtà
sociale, politica e culturale di questo popolo indigeno – che vive tra Norvegia, Svezia, Finlandia, Russia
e che ancora oggi mantiene un profondo legame con la terra – ma raccontano anche le sfide del
mondo contemporaneo. La sua ricerca multidisciplinare, così legata alla memoria e alla saggezza degli
antenati, è incentrata sul senso di comunità, sulle migrazioni, sul nomadismo, sull’importanza della
salvaguardia dell’ambiente. Vástádus eana – The answer is land affonda le radici in tematiche antiche
e ancestrali ma anche assolutamente attuali e forse più urgenti. Gli yoik, canti di montagna della
tradizione Sami, fanno da contrappunto alla danza sottolineando la forte connessione con il luogo, con
la natura e con il senso di solidarietà. La pièce è un omaggio a tutte le persone che resistono là dove
c’è ingiustizia. Verso se stessi, gli altri, la terra. Un omaggio a tutti coloro che si impegnano a rendere il
mondo un posto migliore. La terra è la domanda, la risposta è la terra. Una collaborazione tra
Fondazione Fabbrica Europa e Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino (14/09, Teatro del
Maggio Musicale Fiorentino).
Un’arte in qualche modo militante è anche quella di Jérôme Bel, autore di coreografie che esplorano il
grado zero della danza, diventando esplicite dichiarazioni a favore della democratizzazione di questa
forma di espressione, e che sollevano una riflessione sulla pratica performativa e sulla questione
dell’interprete come individuo. Con Isadora Duncan, ideato per Elisabeth Schwartz, Bel prosegue il
suo progetto di ritratti di danzatori e danzatrici celebri. Il coreografo francese questa volta ritrae
un’artista non vivente basandosi sulla sua autobiografia uscita nel 1928, Ma Vie. Sotto il personaggio
romanzesco, emerge la potenza di una coreografa visionaria che, attraverso la sua grande libertà di
espressione e privilegiando la spontaneità e la naturalezza, ha gettato le basi della danza moderna e
della danza contemporanea. Unendo registri diversi, momenti parlati e assoli danzati, Isadora Duncan
fa rivivere la memoria della danza libera, associando il sapere coreografico all’esperienza dello
spettacolo. Messo in relazione con le riflessioni di Bel sulla danza come strumento di emancipazione,
l’insegnamento di Duncan qui evocato permette di affermare l’attualità del suo potenziale critico (La
Compagnia, 9,10/09).
Adieu et au revoir: il Novecento sottobraccio a Isadora è il talk di Marinella Guatterini che, a
partire dal suo lungo saggio, esplora l’effervescenza artistica di Firenze nel XX secolo. Un
insospettabile susseguirsi di eventi coreutici, nascita di compagnie, scuole, importanti festival e alcune
storiche sorprese. La memoria di un passato che deve risorgere (La Compagnia, 10/09).
S.H.A.M.A.N.E.S è l’ultima creazione, introspettiva e al contempo universale, della compositrice,
batterista e cantante francese Anne Paceo. Un viaggio senza tempo e profondamente umano dedicato
alle pratiche animiste diffuse in tante culture del mondo da tempi ancestrali, da quando gli uomini
hanno cercato una forma di contatto tra la realtà e l’invisibile. Con uno sguardo ampio, che spazia dagli
esorcismi di Bali alle cerimonie vudu di Haiti, dai canti divinatori siberiani ai rituali del candombe, la
musicista non cerca di riprodurre le sue fonti quanto piuttosto di usarle come ispirazione per una
musica senza confini (Teatro Cantiere Florida, 5/10).
Il tunisino Dhafer Youssef è all’avanguardia di una corrente di musica contemporanea che fonde
influenze orientali e occidentali. Considerato il più creativo suonatore di oud di oggi, nel corso della sua
carriera ventennale ha pubblicato dieci album che mostrano la sua musicalità e la capacità di
trascendere i generi tra jazz, elettronica e world fusion. L’ultimo album, Streets of Minarets, è uscito
nel gennaio 2023. “Questo disco – afferma Youssef – è un viaggio nel tempo con un ponte tra il bambino
che ero, amante della musica e ammiratore di grandi maestri come Miles, Herbie e Dave, e l’adulto che
sono diventato. Un ponte tra il jazz anni Cinquanta e la sua versione più rock anni Ottanta. Volevo
dimostrare di essere un musicista in perenne movimento, evitando di essere etichettato come kitsch o
esotico”. Sul palco, insieme a Dhafer, il chitarrista norvegese Eivind Aarset (Teatro Cantiere Florida,
6/10).
“Tutti i paesaggi sono autobiografici” – afferma il poeta Charles Wright. E in LANDSCAPE è il corpo di
Elena Antoniou a diventare paesaggio. Il drammaturgo Odysseas I. Konstantinou nelle sue note alla
performer scrive: “Tiri fuori il culo, mostri le tue movenze più erotiche, respiri, ti stanchi. E intanto vieni
guardata e osservata. […]. Ti esponi. E hai chiesto tu di essere esposta. Ed è così che dai ciò che
possiedi, il tuo corpo, prima di tutto come qualcosa di sessuale. Hai ideato questa performance e la stai
attraversando. Pensi di essere tu a completarla, ma non è così”. Gli sguardi degli spettatori e la
vicinanza o la distanza da cui scelgono di osservare il corpo/spettacolo sono gli elementi che
completano il lavoro. La coreografa e danzatrice greca rivela senza remore le sue esperienze personali
come un paesaggio collettivo. Sovraespone gioiosamente il corpo femminile – un corpo politico – e sfida
il perimetro della rappresentazione, invitando e provocando abilmente lo sguardo del pubblico. Con il
sostegno di Onassis STEGI-Outward Turn Program (Tenax, 21/09).
MAPPE DEL NUOVO MONDO è una piattaforma dedicata alla nuova scena performativa e
multidisciplinare contemporanea. Negli spazi di Manifattura Tabacchi, Teatro Florida e PARC vengono
mostrati processi, esiti creativi e proposte di giovani artisti e professionisti internazionali che si
misurano con i linguaggi del corpo, la musica, il suono, le nuove tecnologie e l’interazione con il
pubblico, grazie a percorsi di ricerca, pratiche di sperimentazione e formati site specific.
Al rapporto tra suono e ambiente è dedicato RIZOTRONICA, il percorso didattico e laboratoriale che
porta a far interagire gli studenti della Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio Luigi
Cherubini di Firenze per un progetto che ha la finalità di ampliare le potenzialità formative verso una
produzione sonora installativa/performativa (PARC, 14/09).
KUTU nasce dall'incontro ad Addis Abeba del violinista e improvvisatore francese Théo Ceccaldi con
la voce potente della cantante etiope Hewan Geberewold. Un viaggio nel cuore delle notti febbrili
dell’ethio-trance dove la gioventù si è impadronita della musica tribale verso un motto di libertà. Tra le
poesie di oggi, tra le raccolte di ritmi etiopi, Ceccaldi immagina una performance dove si intrecciano
improvvisazione, slanci vocali ed energia rock, il tutto sorretto da un ritmo vitale e contagioso. A seguire
il dj set di CLAP! CLAP!, pioniere dell’etno-elettronica che vanta produzioni e collaborazioni con
importanti artisti di calibro internazionale (Manifattura Tabacchi, 15/09).
Giulio Petrucci e Jari Boldrini / C.G.J. Collettivo Giulio e Jari in Fuego mostrano un circuito di
dinamiche e ritmi generato da un nucleo coreografico che si espande per moduli. Le azioni del corpo si
intrecciano al tessuto sonoro per produrre l’innesco di una composizione che trova, nella ripetizione e
moltiplicazione di traiettorie, sequenze e scambi d’informazione, uno spazio e un tempo che si dilatano
e si contraggono oltre i margini codificati (Manifattura Tabacchi, 16/09).
In electrica /ecosi’stɛma/ di Flavia Zaganelli indaga la relazione tra corpi visibili (umani, vegetali,
tecnologici) e corpi invisibili (sonori, energetici, vibrazionali), utilizzando i linguaggi di musica elettronica
live, danza contemporanea e biodata sonification. Uno spazio-tempo sospeso, immersivo e mutevole
che può essere attraversato in modalità libera di fruizione (Manifattura Tabacchi, 16/09).
WOE/Wastage of Events di Giacomo Lilliù/Collettivo Ønar è un’opera ibrida, in presenza e sulla
piattaforma di streaming Twitch. Uno schermo si apre su una realtà virtuale di luoghi disabitati. Un
performer con equipaggiamento VR compie la perlustrazione, un sound artist sonorizza dal vivo gli
ambienti, uno speaker scandisce cronologie attorno al tema della memoria (PARC, 16,17/09).
Il coreografo Michele Ifigenia/Tyche presenta due lavori ispirati dalle figure di Dioniso e Apollo:
Citerone e Cuma. Il primo parte da un’analisi specifica del testo de “Le Baccanti” di Euripide
estrapolando la sfera corale della tragedia. Il secondo è un solo ispirato alla sibilla in cui i vari elementi
che appartengono all’archetipo della profetessa, sacerdotessa di Apollo, vengono ricostruiti per portare
in vita un ultimo messaggio divinatorio (Teatro Cantiere Florida, 17/09).
Embodying Absence di Margherita Landi e Agnese Lanza è l’esito di un workshop e tappa di un
processo di avvicinamento al tema dell’assenza che ne rappresenta l’accettazione come stato interiore.
Il progetto lavora sull’apprendimento in tempo reale di una partitura di movimento da un visore di Realtà
Virtuale, per poi abitare i vuoti di memoria di ciò che è stato appreso (Manifattura Tabacchi, 17/09).
Trascendenze Artificiali è una durational performance che riconfigura il corpo attraverso la fusione di
suono, movimento, tecnologia, esplorando nuove possibilità espressive e offrendo una visione
personale dell’esperienza umana. La creazione site specific, derivata da un workshop, è diretta da
Cecilia Lentini e ambientata nel mondo sonoro di Semionauta (Manifattura Tabacchi, 19/09).
“Il Bisonte” è una videoinstallazione del 1998 dell’artista iraniano Bizhan Bassiri, accompagnata
dall’ambiente sonoro di Stefano Taglietti. È la rappresentazione della natura che inesorabilmente si
rigenera. INESORABILMENTEUNAVIA di YoY Performing Arts si pone come negazione di
un’energia esplosiva e muscolare, la ripetizione del movimento diventa quasi liturgica e tende a una
spiritualità che trae ispirazione dall’energia vitale delle filosofie orientali (Manifattura Tabacchi, 20/09).
Under the influence di Gianmaria Borzillo (Menzione Speciale Biennale di Venezia/Registi Under 30
e Menzione speciale dalla giuria del premio Leo de Berardinis/Teatro di Napoli) è il tentativo di
ricostruzione dopo un crollo. Ricostruire un attimo di splendore, l’acme lontana che rappresenti un
risveglio per questi personaggi dormienti (Elena Giannotti e Matteo Ramponi) e in conflitto col vuoto
che li abita. Lo spazio attorno non è che la proiezione di un paesaggio interiore e il ritmo ordinario
dell’azione e l’espressione di un invisibile, di uno stato sconosciuto (Teatro Cantiere Florida, 20/09).
Speaking cables di Agnese Banti è un Dispositivo coreografico per voce, cavi e altoparlanti che,
attraverso la combinazione delle sue cellule compositive in continua evoluzione, permette diverse
possibilità drammaturgiche in relazione allo spazio scenico, acustico e al pubblico. Portare in scena la
propria voce per interrogarla come altro da sé, costruendo e decostruendo lo spazio attraverso il suono
diffuso che si svela. La ricerca alterna monologhi, cori, dialoghi e silenzi grazie a una coreografia che
unisce esperienze di sound art all’idea che gli altoparlanti siano anche presenze con cui entrare in
relazione (Museo Novecento, 14,15/09).
Daniela Pes è una giovane musicista e cantautrice sarda nata nel cuore della Gallura. La sua voce e la
sua musica sfuggono alle classificazioni e ai contenitori predeterminati. Dal talento multiforme, Pes è
immersa nel flusso della musica, come cantante, strumentista, musicista elettronica. Dello scorso aprile
è il primo album, Spira, prodotto da Iosonouncane, lavoro che traccia la sintesi delle sue molte vite
musicali, arricchite da riconoscimenti e premi, tra gli altri, la recente Targa Tenco 2023 come Miglior
Opera Prima (Palazzina Reale, 22/09).
Lorenzo Senni è un compositore e artista multidisciplinare. Dopo studi musicologici a Bologna,
comincia ad approfondire i meccanismi della dance music e di alcune sue correnti trance, hardstyle,
hard-trance, e altri fenomeni della rave culture anni ’90. Partendo da questi interessi, inizia a comporre,
esibirsi e incidere, maturando un approccio analitico e decostruzionista. Nei suoi pezzi del progetto
Persona si trovano forme illuminate di musica sperimentale, noise e abstract computer music
sviluppate attorno a una sua versione di tensione emozionale e teatralità (Tenax, 28/09).
Coefore Rock&Roll di Enzo Cosimi coinvolge in forme transmediali e transdisciplinari gli elementi
visivi e spaziali sulla scena. In un regno di incubi che richiamano l’infanzia, con giocattoli rotti e coperte
colorate – ispirato dall’artista Mike Kelley -, si profila la ferocia di un delitto che mette in discussione
l’individuo e l’umanità intera: l’atto di uccidere chi ha donato la vita. L’impalcatura scenica unisce testo,
visione, azione performativa in una drammaturgia liquida e poetica. Nella forma ibrida del lavoro, il
linguaggio si apre a uno sconfinamento verso altre discipline in un’azione coreografica dalla
costruzione orizzontale ed espansa (Teatro Cantiere Florida, 29/09).
Fabbrica Europa da sempre sostiene e supporta le nuove generazioni di autori della scena
contemporanea. Tre sono le COPRODUZIONI da segnalare in questa edizione del Festival:
Il coreografo Francesco Marilungo presenta un nuovo lavoro creato per cinque danzatrici. Stuporosa
parte da uno studio delle tradizioni legate alla figura della “lamentatrice” e all’istituto del pianto funebre,
un patrimonio di parole, gesti e suoni che media la trasfigurazione simbolica della morte umana. Lo
spettacolo investiga anche le dinamiche di potere che intercorrono tra individuo e società all’interno di
un contesto rituale (Museo Novecento, 16,17/09).
Welcome to my funeral è la nuova creazione che il coreografo belga Brandon Lagaert (ha lavorato in
diverse produzioni di Peeping Tom, compagnia tra le più visionarie e all’avanguardia del panorama
mondiale) ha costruito per i danzatori di Equilibrio Dinamico Dance Company. La performance si
focalizza sui confini sempre più sfumati fra mondo reale e virtuale, indagando come la tecnologia stia
cambiando completamente le modalità di interazione con gli altri e con il mondo che ci circonda grazie
al feedback tattile, all’intelligenza artificiale e agli algoritmi che acquisiscono informazioni dalle persone
tramite i loro input (Teatro Cantiere Florida, 24/09).
Beat Forward è la creazione che i coreografi Igor Urzelai e Moreno Solinas, Igor x Moreno, hanno
ideato e sviluppato insieme ai danzatori di Collettivo Mine. Presentata al Festival 2022 in forma di
studio, torna ora nella sua versione compiuta. Una celebrazione del piacere di ballare ma anche una
ricerca su come ci identifichiamo e relazioniamo, su come ci riconosciamo o meno negli altri, e su come
siamo in grado di proiettare immagini molteplici di noi stessi (Tenax, 27/09).
Andrea Belfi nel nuovo progetto Eternally Frozen propone una serie di composizioni che nascono
dall’utilizzo del canone, un’antica tecnica in cui una melodia è imitata da una o più parti in specifici
intervalli di tempo, ricreando un ciclo infinito di ripetizioni. L’opera si ispira all’immagine del Deprong
Mori, un pipistrello che secondo la mitologia era in grado di piegare gli atomi e volare attraverso la
materia solida. Si narra che uno di questi pipistrelli sarebbe stato “eternamente congelato” in un muro di
piombo a scopo di studio. Il canone e il Deprong Mori congelato rappresentano simulazioni illusorie
dell’eternità create dall’uomo, miraggi che diventano più significativi della realtà, per dar vita a una
musica austera e insieme gioiosa, immersiva e ipnotica (PARC, 30/09).
Don Karate è il progetto di Stefano Tamborrino, tra i batteristi oggi più richiesti e apprezzati. Allergico
a etichette e limitazioni, prende il suo bagaglio tecnico e compositivo accumulato in anni di concerti e
collaborazioni nazionali e internazionali e lo mescola con il pop, con le melodie cinematografiche,
sovrapponendole a groove spezzati, innestandole con l’elettronica, creando soluzioni sonore inedite,
calde, inaspettate, imprevedibili. Con lui in Space Foresta, due figure della scena jazz come Pasquale
Mirra al vibrafono e Francesco Ponticelli al basso (PARC, 30/09).
Ima, il titolo della creazione di Sofia Nappi, giovane coreografa italiana con un percorso internazionale,
in giapponese indica “il momento presente” mentre in aramaico ed ebraico significa “madre” nella sua
accezione di rinascita e rinnovamento. Ima, un quintetto, è stato immaginato durante il periodo del
distanziamento sociale, momento in cui l’autrice e i suoi danzatori della Compagnia Komoco si sono
ritrovati soli nella propria vera casa: il corpo. Una condizione che ha permesso di percepire che tutto,
dentro e intorno, non si è fermato, ma è in continuo divenire e che la danza può trasformarsi in
interconnessione universale (Teatro Cantiere Florida, 7,8/10).
Due soli di giovani e talentuosi coreografi francesi in un’unica serata. Leïla Ka in Se faire la belle è
una donna in camicia da notte, uno schizzo di bianco nel buio, luogo della fantasia, dell’oscurità, del
sogno. È un corpo, vulnerabile e al contempo sfrontato, che come un leone in gabbia si dibatte in un
tentativo di rivolta e ribellione e in un irrefrenabile e indomabile desiderio di libertà. Su un palco spoglio,
accompagnata da un crescendo di elettronica, urla forte e chiaro il suo bisogno di esultare.
Comme un symbole di Alexandre Fandard è un intenso (auto)ritratto che mette a nudo complessità e
contraddizioni di una figura controversa, il banlieusard: delinquente, potenziale terrorista, eterno
straniero, tra paura, emarginazione, fascinazione, curiosità. Un emblema, spesso maschile,
disprezzato, adulato, immolato, erotizzato, che il coreografo vuole riabilitare, scardinando i cliché.
Vestito con i colori della bandiera francese, Fandard fa del giovane delle periferie “un simbolo fatto
d’oro e di stigmate, malmenato in tutti i sensi, come fosse sacrificato” (Palazzina Reale, 4/10).
Ospite in residenza creativa al PARC con The Red Shoes, lavoro ideato per il Nuovo Balletto di
Toscana (debutto il 19 ottobre a Trento), Philippe Kratz prende ispirazione dall’omonima fiaba di Hans
Christian Andersen per indagare la relazione tra soggetto e oggetto dandone una rilettura attuale.
THE RED SHOES_Focus sulla creazione è un’occasione per aprire la ricerca artistica al pubblico
attraverso 5 incontri che declinano le varie sfaccettature, tra letteratura, danza, musica, cinema, che
hanno portato il coreografo a riflettere e a creare su un classico internazionale (PARC, 25>29/09).
Promenade. Documentario sonoro sul parco di Valerio Vigliar: indagare il Parco della Cascine
attraverso “l’orecchio selettivo” di un microfono ambientale facendo delle “passeggiate registrate” per
crearmi una mia mappa interna, per rendere udibile ciò che è complicato inquadrare nel dominio del
visibile. E dopo essermi perso nei suoni dell’Arno e delle fontane, nel riverbero della piccola piramide e
anche negli spazi dimenticati del Parco, la mia attenzione e stata rapita dalle parole e dalle voci che lo
attraversano ogni giorno. L’opera che ha preso forma è un viaggio poroso che passa dai suoni del
luogo, alla musica che mi ha suggerito, alla manipolazione anche estrema delle registrazioni, al
documentario in cui si fanno protagoniste le voci (PARC, 1/10).
Eleonora Chiocchini e Françoise Parlanti con Solo in due intessono un racconto che si svolge
all’interno di una casa, forse una stanza. Ritagli di quotidianità si susseguono in un tempo indecifrabile,
ambiguo, sospeso. Potrebbe trattarsi dello scorrere di un giorno o di una vita. Una narrazione
frammentata mira a disorientare lo spettatore la cui percezione è pervasa dal dubbio di osservare
l’intimo racconto di due donne o forse di una donna sola. L’equivoco è dominante. Il lavoro coreografico
si costruisce gradualmente: aspettare qualcosa, qualcuno o forse semplicemente vivere, accogliendo
ciò che la sua solitudine suggerisce (Teatro Cantiere Florida, 19/09).
Un viaggio tra le pagine di Zio Vanja di Anton Cechov. Sonja della compagnia tardito/rendina evoca il
mondo e l’amore non corrisposto di una donna dai delicati moti dell’anima. Il personaggio, una “figura
dai desideri mancati”, arrestandosi sulla soglia della narrazione, ne prende distanza per avvicinarsi alla
dimensione interiore e dar voce alla parte invisibile. Una danza curata, discreta, mai didascalica, una
poesia corporea che si carica di espressività, significati profondi, sfumature psicologiche, ricordi
condivisi, capaci di restare nella memoria e nelle emozioni (Teatro Cantiere Florida, 1/10).
Compagnia Xe presenta Variazioni su Giona, seconda riflessione danzata che prende ispirazione dal
Libro del profeta Giona della Bibbia, con coreografia di Julie Ann Anzilotti, musiche originali di Steven
Brown e Luc Van Lieshout, interpretazione di Paola Bedoni e Paolo Piancastelli. “È un Libro illuminante
– scrive Anzilotti – sulla tendenza dell’uomo a voler sempre giudicare e puntare il dito verso gli altri, che
è molto attuale. La fragilità di Giona mi è risultata da subito simpatica e vicina. Ho trovato molto umano
il suo personaggio: benché fosse coraggioso, un profeta, un uomo di Dio, aveva anche piccolezze e lati
infantili che mi avvicinavano a lui” (Teatro Cantiere Florida, 3/10).
Un progetto collettivo per valorizzare la ricchezza e la diversità delle musiche tradizionali italiane.
Future Tradizioni è l’iniziativa – ideata e progettata da La Scena Muta – che mette insieme studiosi,
divulgatori, dj, producer e musicisti, esperti e addetti ai lavori per cercare di raggiungere un obiettivo
ambizioso: dare alla musica tradizionale italiana il posto che merita nel panorama delle “musiche dal
mondo”, valorizzarla per raggiungere nuovi pubblici oltrepassando i confini nazionali e raggiungere le
più importanti fiere del settore. Tantissimi i partner dislocati su tutto il territorio italiano, per quello che
rappresenta un progetto unico nel suo genere (PARC, 5/10).