Viaggio di luce – Claudio Parmiggiani e Abel Herrero a cura di Sergio Risaliti

Viaggio di luce – Claudio Parmiggiani e Abel Herrero a cura di Sergio Risaliti

Venerdì 27 ottobre apre al pubblico Viaggio di luce, lo straordinario progetto espositivo che accomuna per la prima volta le opere di Claudio Parmiggiani e Abel Herrero e che si farà spazio nella Galleria delle Carrozze di Palazzo Medici Riccardi fino al 21 gennaio 2024.
La mostra – un progetto del Museo Novecento promosso dalla Città Metropolitana di Firenze, curato da Sergio Risaliti e organizzato da MUS.E e Associazione Kontainer – riunisce le opere di due artisti di origini ma accomunati dalla reciproca poetica e sensibilità verso il linguaggio pittorico.

A Palazzo Medici Riccardi approda dunque un viaggio iniziato nel 2006, quando Abel Herrero decise di ‘ospitare’ e curare al Museo Nacional de Bellas Artes de La Habana l’installazione” Silencio a voz alta” di Claudio Parmiggiani, la più grande Delocazione ambientale mai realizzata dall’artista, celebre per le sue opere di cenere e fumo realizzate a partire dal 1970. Quella collaborazione artistica, coronata a Cuba, si ripropone adesso, a Firenze, in forma più compiuta e in un inedito allestimento dove confluiscono in un unico spazio condiviso le opere dei due artisti.

Nella Galleria delle Carrozze – strano ed estraniante gioco del destino nel passaggio di mano da veicoli di terra a quelli di acqua – quattro grandi barche scivolano verso una meta distante, irraggiungibile; o forse si allontanano dal punto di partenza, sperando di approdare a una terra sconosciuta, vergine, per dare inizio a una nuova civiltà dell’arte. Come memorie di un viaggio, sono quasi diventate imbre di se stesse. Viaggiano nell’immobilità. Le barche di Parmiggiani trasportano un carico speciale, fatto di polveri di colori diversi, materiali miracolosi, preziosi, quintessenza di una storia gloriosa: pigmenti puri, l’inalinabile sostanza di ogni apparizione pittorica. Rosso, giallo, blu e verde. Colori in viaggio verso la luce, fondamento e origine dello sguardo, dello stupore davanti al miracolo del reale che resiste al nullificante nulla.

Alle pareti le grandi tele monicrome di altrettanta purezza cromatica firmate da Abel Herrero. Mari di un verde luminoso e acido, di un giallo accecante e nervoso, di un blu gravido di profondità notturna, di un rosso come il sangue e il nettare dionisiaco, di un nero che mentre nasconde svela l’origine della luce. Grandi superfici agitate, un mare di colore, onde immobili che cavalcano una dopo l’altra, una sull’altra e che ci affrontano come muri saturi di colore. Herrero opera una riappropriazione in chiave contemporanea del classico soggetto della verduta marina, che qui diventa una rappresentazione della condizione umana.

Con le sue installazioni, Parmiggiani si spinge fino alla scomparsa dell’oggetto, penetrando nel mondo immateriale dell’idea, ai confini dell’assoluto e dell’irraggiungibile, affidando però alle cose l’incarnazione del divino nel reale, il disvelamento dell’invisibile nel mondo delle cose. Un paio di scarpe logore, una campana, un cumulo di libri, il caldo di una statua, una vecchia lampada ad olio, barche e pigmenti. Il quadro è possibile solo affidando agli oggetti la bellezza e la verità, ai pigmenti di colori la storia e sopravvivenza della pittura. Come quando affida all’ombra e al fumo la presenza reale delle cose, alla memoria la presenza del passato. In modo affine, Herrero accetta la sfida dell’astrazione senza rinunciare all’imminenza della pittura, alla struttura riconoscibile della visione naturalistica, unica via possibile al pittore per immaginare l’infinito e l’illimitato, quando tutti si è ridotto a portata di mano e ogni forma di vita si è digitalmente consumata. Tutto, perfino l’origine dell’universo. Ogni mistero, perfino quello della luce e della sua contropartita, l’oscurità. Come in Parmiggiani anche in Herrero resiste la meraviglia per il miracolo dello sguardo, che è poi quella del riconoscimento contemplativo del reale. Quel vertiginoso spalancarsi del divino e dell’infinito tanto nella cosa che nell’opera d’arte.
Un intenso dialogo dove l’opera di Parmiggiani, installata ma fortemente improntata sulla narrazione pittorica, subisce una metamorfosi che tramuta l’andamento orizzontale delle quattro sculture, cariche di pigmenti colorati, in una catarsi certicale fata di grandi tele sature di colore puro, di pura luce.

In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo con testi del curatore e contributi critici di Andrea Cortellessa e Walter Guadagnini.