Anfiteatro delle Cascine, una cartolina dagli anni 90

L’Anfiteatro delle Cascine: un luogo di culto, dove un’intera generazione si ritrovava e abbatteva le distanze in un’Italia bacchettona e tanto per cambiare squattrinata.
C’è stato un momento nella Firenze sul finire degli anni 80 in cui le Cascine sono diventate il vortice aggregante più importante e vischioso di Italia. Durante le calde estati i giovani si riunivano nell’accogliente sito dell’Anfiteatro romano situato a metà del parco delle Cascine;
a metà tra il viale principale e la galassia dei sogni di chi ora a distanza di vent’anni ne ricorda i momenti.
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“Notti magicheee”, così cantano insieme la Gianna e Bennato. L’epopea di “Latin Lover”è lontana quasi un decennio ed ora la cantante senese si dedica a ben più commerciali successi. Notti Magiche è infatti il singolo che scalda le calde notti di Italia 90′, il mondiale di Schillaci giocato in casa.
La città è sconvolta dalla perdita di Roberto Baggio, che fu venduto alla Juventus. Alla presidenza del Consiglio siede Giulio Andreotti dall’89 al 92, gli seguirà poi Giuliano Amato. Il Comune di Firenze è amministrato dal sindaco Bogianckino prima e poi da Giorgio Morales. Guerra del Golfo, Bosnia e poi Afghanistan sono drammi umani veicolati dalle televisioni molto poco a schermo piatto. Sopra le teste dei tanti ventenni della generazione di fine anni 80 e 90 volavano gli elicotteri diretti nelle guerre. Sinistra e Destra per chi era liceale e poi universitario erano due parole degne di significato ed occasione di scontro. Intenet è una magia goffa e inutile che soffia oltreoceano. Il telefonino era appannaggio di pochi, di pochissimi.
In questo contesto nasce il multiverso colorato dell’Anfiteatro. Facendo ricerche in rete ho trovato solo programmi di concerti di musica elettronica o eventi di altro genere, tutto riferito al present. Volendo capire come fosse realmente l’ambiente negli anni 80/90 ho raccolto una testimonianza di chi ha frequentato l’area dell’Anfiteatro. Per ovvie ragioni, “l’ultimo dei sopravvissuti” dell’anfi rimarrà anonimo. Ecco le sue parole:
“L’anfiteatro delle cascine (anfi) è stato un sogno per quanti come me, venticinquenne alla metà degli anni 80, vagheggiavano nel cuore verde di Firenze. Poter essere liberi, riunirsi, sentire musica, “coprire le distanze”, anzi annullare del tutto le distanze (distanze intese non solo in termini spaziali ma anche culturali) tra la nostra bellissima, inarrivabile città, ma un po’ troppo asettica e bacchettona, ed i luoghi dei nostri viaggi estivi (per chi aveva soldi da spendere in estate o la voglia di sbattersi in improbabili e faticosi Inter rail) o dei nostri sogni (per chi, come me, quei soldi non aveva). E allora Firenze, al grido di “Valerio!”, diventava il luogo che volevi: Christiana di copenaghen o una saletta di un pub di Amsterdam.
Poi il sogno è svanito”
La testimonianza è preziosa. Densa di significato. Soprattutto assume valenza per capire il fenomeno della controtendenza, della volontà di confrontarsi ascoltando una musica diversa. In un’epoca forse figlia del suo tempo in cui per i giovani era netta la linea di confine che divideva il mondo dalle forze del bene e quelle del male. Ognuno poteva scegliere dove stare e il percorso da seguire, i vestiti da indossare e la musica da ascoltare.
Altri testimoni con cui ho parlato per costruire il pezzo mi hanno espressamente giurato che all’interno dell’anfi era stato creato un regolamento specifico che legalizzava la droga leggera. E ad arginare i confini della zona franca, erano appostati i poliziotti con i cani antidroga. Non ho le prove, per cui ci teniamo questa testimonianza a mo’ di racconto. Sicuramente se fosse vero sarebbe stato un esperimento sociale unico nel panorama italiano.
A rendere grande ed attrattivo l’anfiteatro erano:
-La programmazione di concerti gratuiti. Sul palco nelle estati si esibivano i nomi della musica indipendente oppure gli emergentissimi. Anche grandi nomi flanellosi di grounge urlato in kobain style.
-La logistica del prato, freudianamente accogliente come una mamma. Soffice e delicato cullava nella notte i frequentatori che potevano anche stendersi in una paradisiaca visione woodstockiana intrisa di dark.
-La consapevolezza senza se e senza ma che dietro l’angolo si potessero passare serate stupende: Imbroccate leggendarie, pomiciate secolari e tanta tanta musica. Tutto questo senza bisogno di mettere i like giusti a giro, senza farsi selfie.
All’ombra delle Farnie secolari, degli olmi, degli aceri campestri e degli ornielli si è vissuto questo clima fino all’avvento del nuovo millennio. Sarebbe interessante capire cosa ha sancito la fine dell’epoca. Azzardando ipotesi potremmo mettere insieme i fatti del G8 e il social forum e infine le torri gemelle. Comunque l’anfiteatro è finito nel dimenticatoio per circa una decina di anni per poi essere rispolverato e tirato a lucido per nuove mirabolanti avventure.
Gilberto Bertini
per le vostre critiche: gilbertobertini8@gmail.com