Sissi l’imperatrice, in scena al teatro di Rifredi

Arriva al Teatro di Rifredi, il 1° e il 2 marzo, il viaggio alla scoperta di una delle donne più famose di tutti i tempi, l’imperatrice Elisabetta d’Austria, che tutti noi, grazie ai film, conosciamo con un altro nome, la principessa Sissi. La sua vita non incarna solamente una vera e propria fiaba con tanto di carrozze dorate, gioielli, balli a corte, è anche, in realtà, l’emblema della lotta di una donna indipendente in contrasto con le convenzioni della sua epoca, la sua storia si mescola a quella di un impero destinato a scomparire, ma che fino all’ultimo mostrerà al mondo i suoi splendori e i suoi artigli.
Sissi l’imperatrice, scritto e diretto da Roberto Cavosi, con protagonista Federica Luna Vincenti, è il sorprendente racconto di Elisabetta d’Austria, una donna che, sottratta all’olografia grazie anche alla pubblicazione dei suoi diari, ci appare in una veste tanto dirompente quanto irriverente, che non può che affascinarci e colpirci nel profondo.
Figura carismatica e ribelle, anticonformista, perennemente in lotta con sé stessa e con la realtà che la circondava: imperatrice antimperialista, vicina alle masse operaie, alle minoranze etniche, contraria a ogni forma di sopraffazione. Anoressica, in eterno lutto per la morte assurda di due dei suoi figli, cerca di esorcizzare il dolore attraverso estenuanti sedute ginniche, con l’infinita cura del suo corpo e la pettinatura dei suoi detestati capelli – “È come se reggessi sul capo un corpo estraneo, sono schiava dei miei capelli”.
Dotata di un feroce sarcasmo, fustigava la Corte asburgica e i nobili – “Una schiatta depravata” – senza mezzi termini. Non lesinava nemmeno a sé stessa tutta l’amara ironia di cui era capace, un modo per nascondere, in realtà, la sua vulnerabilità, la fragilità della sua anima. Un’anima che cercava in tutti i modi di trovare sollievo rifugiandosi nella poesia: amante di Heine e di Baudelaire, componeva lei stessa poesie.
Una personalità incredibilmente sfaccettata e instancabile nella continua e contraddittoria ricerca di cosa poter fare per migliorare il mondo e allo stesso tempo di come evadere dalla realtà. Forse, la sintesi di questa suo duplice aspetto sta nella sua ultima volontà, devolvere ai rifugiati politici e alle loro famiglie il frutto della vendita postuma dei suoi diari, delle sue poesie, affidando a un’ipotetica anima del futuro tale compito, ma non prima di sessant’anni dal 1890. Un testamento spirituale che, censurato a lungo per le aspre critiche alla Corte Viennese, ha trovato il suo compimento soltanto nel 1980, quando, al momento della prima pubblicazione, i diritti d’autore vennero devoluti al Fondo di Soccorso dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati e i proventi nell’edizione successiva vennero donati ad Amnesty International, rispettando così la volontà dell’Imperatrice.