Ma l’amor mio non muore, prima italiana a Firenze

Il corpo, il tempo che passa. Da un lato il percorso verso l’invecchiamento del fisico, in contemporanea il viaggio dell’anima che incassa gli urti, li trasforma in energia, li traduce nella crescita personale. Il teatro come atto rivoluzionario nella sua capacità, alla pari dell’anima, di resistere al tempo.

Il contesto è ampio nel tracciato che porta a Ma l’amor mio non muore / Epilogue”, ultimo lavoro della compagnia belga Wooshing Machine in prima italiana al Teatro Cantiere Florida di Firenze nell’ambito della stagione a cura di Versiliadanza. Seguito naturale della Trilogia della Memoria, lavoro in tre atti che ripercorreva la vita degli autori, lo spettacolo intreccia ricordi intimi e memoria collettiva nell’impronta lasciata dalla vita sui tre danzatori e coreografi – Carlotta Sagna, Mauro Paccagnella e Alessandro Bernardeschi – figli degli anni settanta e ottanta italiani, emigrati in Francia e in Belgio alla ricerca di fermento politico, sociale e culturale. Un lavoro che, nello stile che contraddistingue la formazione, fa convivere gravità e allegria, disinvoltura e disarticolazione, gigioneria e autoironia, gioia selvaggia e gravità.

“È vero che l’amore non muore, ma il tempo passa e i corpi dei monelli ne portano il peso. Il pubblico sente scricchiolare le articolazioni degli artisti: davanti a loro si spezzano. Quando un corpo minaccia di cadere è il compagno che si regge, si sostiene, prima di barcollare all’indietro, e non si può evitare di porsi una domanda bruciante e universale: che fare coi nostri involucri mortali? “