La Moda Democratica

Kate Moss
Risvoltate i risvoltini, non tagliatevi le barbe, tacchi in alto e borse in fuori, arriva la Vogue Fashion’s Night, Firenze si tinge di…
Già, di che colore si tinge in questa terza edizione la Vogue Fashion Night? Sicuramente di un rosso cremisi di rossetti che sfumeranno nell’imperscrutabilità dei calici riempiti di Chianti Classico. E se siete amanti del vino, oltre che di selfie e cover di I-phone, recatevi a Palazzo Antinori e gustatevi la mostra dedicata alla storia della più antica famiglia di vinattieri.

Il tedesco è una lingua complessa. Parole composte, fonemi rocciosi. Risulta leggermente scomodo per noi italiani essendo abituati alla rotondità delle vocali del nostro alfabeto UPA. Un mondo a sé. Però una breccia nel muro culturale delle terre teutoniche siamo riusciti ad aprirla. Eh si, cari amici di FirenzeFuori, abbiamo importato la Moda anche nella foresta nera. Provate a dire ad un figlio di Odino “Moda” e lui vi capirà! Un po’ come i cugini d’oltralpe che hanno francesizzato e si sentono molto più “à la mode”. Per non parlare degli inglesi che nella loro lingua germanica hanno adottato dall’italiano il termine “stile” che hanno anglicizzato in “style”. Quindi semanticamente abbiamo la prima conferma che la moda è democratica. È un linguaggio universale, sensibile ai gusti e alle varianti dei crismi sociali dei paesi.

Il fenomeno panculturale “Moda” può piacere o no. Anzi c’è proprio chi lo detesta o chi se ne discosta a prescindere. Non esiste biasimo per chi giudica gli eccessi, le vie di fuga dalla realtà, e le bizzarrie degli addetti ai lavori. Un turbinio di fotografie patinate, modelle e modelli dai fisici irreali, colori saturi oppure opposti dai bianco e neri più drastici. Occhiolini nascosti e combinazione tra lusso e lussuria. Certo l’universo moda è questo ma bisogna tenere conto anche del fatto che è un’azienda. Un polo economico enorme, vasto e complesso che in ogni caso da mangiare a tantissime famiglie. E non confondiamo il lusso con la moda. Le due cose vanno di pari passo ma non sono forse mai incidenti, solo esclusivamente parallele. Ma non potrei scrivere parole migliori di quelle pronunciate da Meryl Streep nel film il “Diavolo Veste Prada”.
Il diavolo veste prada – spiegazione moda
Ma la moda è democratica. Il percorso che ha fatto è simile a quelll di altri consumi di massa, come il cibo. Sto parlando di industrializzazione. Totale. Un percorso iniziato nel diciannovesimo e concretizzato a livello mondiale nel ventunesimo secolo. Più di 150 anni di storia per portare nei vostri armadi le stesse camicie gli stessi pantaloni e scarpe. E per ogni età, ogni generazione, ogni epoca gli stessi vestiti. Abiti costruiti nell’Asia profonda che potete pagare quanto un kilo di frutta.
In bilico tra quantità e qualità la scelta è talmente amplia che il centro di qualsiasi città, anche il nostro, si è popolato di negozi e templi dove spendere e spandere per raggiungere la perfezione. O meglio la perfezione che si ha in testa. In un momento in cui l’affermazione dell’io passa dall’estetica la moda è democratica; se si è normali è possibile realizzare la propria personalità, la propria affermazione sessuale e culturale.

Possiamo comunque ricostruire le mode “di strada” a Firenze degli ultimi anni:
–Paninaro: in tutta Italia sviluppatasi negli 80′; sicuramente di origine milanese lo stile paninaro si basava sul disimpegno mentale dalle angosce dell’esistenza e vivere con leggerezza e in maniera totalmente consumistica la vita.
–Truzzo/Tamarro/Zarro: probabilmente l’evoluzione 90′ e 00′ dei paninari. A memoria, cresciuto in quegli anni, posso ricordare: Felpe di Gerrard, gel, Silver o Squalo ai piedi, M20 e Gabry Ponte visceralmente seguito in ogni sua esternazione tunztunziale, scarabeo, occhiali sportivo a specchio. Forse tutto ciò è stata un’anticipazione dei tamarri del Jersey Shore.

–Alternativo: Ci ricordiamo tutti i rasta, le maglie del Che Guevara, i pantaloni di tela larghi comprati a qualche stand tibetano a qualche fiera dell’artigianato, all star ai piedi, solitamente una kefiah al collo, Modena City Ramblers, Ska-P e Guccini nello stereo a palla.
–Gabber: Evoluzione più Raw del tamarro e dello skin-head, il gabber nasce con la musica hard-core e si sviluppa nella caldissima curva olandese del Feyenoord negli anni 90′. Il Gabber puro ha la testa rasata a pelle lateralmente e i capelli leggermente più lunghi sopra, polo e pantaloni attillatissimi insieme alle Air Max.
–Pottini: Piastriamoci i capelli tutti insieme, andiamo dai’Pasko, mettiamoci i Rich e compriamoci le Bikkemberge e poi alla fine tutti allo Yab a saltellare!
E poi altre mille categorie, alcune proprio recenti come “Swag”: canottiere delle squadre di basket, cappelli enormi e colori sgargianti, questa moda è diffusissima tra i giovanissimi.
Per non trascurare il genere Hipster che probabilmente va per la maggiore. Orde di Hamish che vagano per il centro in cerca di legna da tagliare.
Insomma Firenze si tingerà di tantissimi colori per la Vogue Fashion Night del 17 settembre.
Per vedere tutti gli appuntamenti potete cliccare qui http://vfno2015.vogue.it/
Ed è nell’ambito della moda che l’Università di Firenze vuole essere alla pari con le capitali europee. Il Corso di Laurea Magistrale Design del Sistema Moda/Fashion Design System è rivolto agli studenti che dopo aver conseguito la laurea triennale in ambito del progetto, dell’economia o della comunicazione decidono di dedicare la propria carriera universitaria alla moda. L’obbiettivo del corso è quello di formare figure professionali capaci di far fronte a tutte le richieste del mercato del prodotto indossabile. Comunicatori, designer e manager della creatività, sono le figure che escono dal corso. Il presidente del corso Elisabetta Cianfanelli ci ha detto che vuole “creare un network tra scuole pubbliche, private e università al fine di creare a Firenze un polo della formazione nell’ambito della moda di riferimento internazionale”.
La sede del corso è a Calenzano presso le modernissime strutture del Design Campus e le iscrizioni sono aperte fino al 15 gennaio 2015.
Gilberto Bertini
per le vostre critiche gilbertobertini8@gmail.com