A “spasso” nel tempo, viaggio nel Museo della Moda e del Costume

Un “ventaglio” di venti rarissimi e iconici abiti storici, esposti in otto sale nuove, per raccontare nel ricercato linguaggio dei tessuti preziosi e della più alta sartorialità due secoli di moda, il Sette e l’Ottocento: così, dopo l’apertura, nello scorso dicembre, degli spazi dedicati al fashion del Novecento e dei primi anni del Ventunesimo secolo, si conclude il rinnovo totale del Museo del Costume di Palazzo Pitti. La Galleria riapre oggi nella sua interezza dopo quasi cinque anni di chiusura al pubblico, offrendosi ai visitatori in un riallestimento generale che ne ha cambiato, ammodernandolo e attualizzandolo, interamente il volto e l’estetica.

Per la prima volta nella storia del museo (dove nel corso dei decenni sono tradizionalmente andate in esposizione selezioni tematiche), al centro del percorso di visita vi è il nucleo principale di abiti della collezione, ordinato secondo criteri storico-cronologici che accompagnano il visitatore nel complesso viatico della storia del costume e della moda: circa sessanta capi dal XVIII al XXI secolo e altrettanti accessori tra scarpe, borse, ventagli, ombrelli, guanti, cappelli. Tutto questo a dialogo con una rosa di dipinti delle collezioni delle Gallerie degli Uffizi, attentamente scelti per fare da controcanto alle creazioni di moda: da grandi ritrattisti del Settecento e del primo Ottocento come Carle Vanloo, Laurent Pecheux e Jean-Sébastien Rouillard, Clemente Alberi e Giuseppe Colzi de’ Cavalcanti a eleganti ritratti dell’Ottocento maturo di Tito Conti, Giovanni Boldini, Edoardo Gelli e Vittorio Corcos; ad alcuni degli artisti più rilevanti dell’avanguardia italiana, come Massimo Campigli, Giulio Turcato, Corrado Cagli e Alberto Burri messi in relazione con stilisti di punta della moda novecentesca.

Nelle sale appena inaugurate si possono ammirare lussuosi abiti settecenteschi quali tipici esempi di robe à la française, degni rappresentanti di un’epoca in cui è la corte a stabilire le mode del vestire, secondo una logica del potere stabilita dai regolamenti d’etichetta. Vi sono poi capi in stile Impero, come quello in crêpe di seta avorio, ornato da ricami in laminetta d’argento, appartenuto a Massimilla Celano, consorte di Prailo Mayo, terzogenito del governatore del Principato abruzzese di Francavilla. Questo vestito testimonia come durante il periodo napoleonico gli indumenti diventino più confortevoli per permettere al corpo di muoversi senza costrizioni e, in assonanza con il classicismo grecizzante molto diffuso al tempo, l’abito assuma, per analogia, la forma di una colonna. Si prosegue con capi del periodoRestaurazione, quando il punto vita si riabbassa ed elaborate applicazioni affiorano dalle vesti come bassorilievi scultorei: se ne trova testimonianza nell’abito da pomeriggio datato 1825, in taffetas a pelo strisciante operato a motivi di righe e palmette. Lungo il percorso sono esposti anche rari abiti da sposa ottocenteschi, come il modello in seta dorata adornato da un motivo di peonie e margherite, appartenuto ad Angiola Polese, giovane nobildonna sposatasi nel 1836; oltre al raffinatissimo abito da sposa, realizzato da Charles Frederick Worth, in raso e gros de Tours color avorio, con voluminosa tournure e generoso strascico, luminoso esempio del virtuosismo sartoriale dell’epoca. Le mise da sera sono invece protagoniste della moda fin de siècle, e tra queste spicca il vestito in rete ad ago meccanico nera su raso di seta avorio di Catherine Donovan, celebre couturièrenewyorkese definita dal New York Times come la sarta pioniera che aveva vestito la élite cittadina: i Goelet, gli Astor e i Vanderbilt erano infatti stati suoi mecenati e assidui frequentatori dell’atelier di Madison Avenue. Firmato Raphael Goudstikker, è invece la veste Liberty in chiffon giallo e verde appartenuto alla contessa Margaret Brinton White Savorgnan di Brazzà. La decorazione-gioiello di perline e cannucce di vetro che scende dal petto sino alla vita è perfettamente rappresentativa delle sfarzose preziosità della moda Belle Époque. Ai sofisticati abbigliamenti d’inizio Novecento è infine dedicata una sala, ispirata al clima estetizzante dell’epoca, sull’onda della nuova liberazione del corpo femminile incarnata dalle forme a tubolare delle creazioni di Mariano Fortuny per Eleonora Duse e dalla veste da casa a Kimono di Donna Franca Florio di Jacques Doucet, padre della moda francese, grazie ai suoi interior dresses, tra i sarti più amati dalle dive del tempo. Completano l’esposizione una suite di dipinti – scelti a domostrazione di quanto il costume sia integralmnete un fenomeno culturale e spesso artistico – e una selezione di oltre sessanta accessori tra scarpe, cappelli, ventagli, parasole, borse, che arricchiscono la collezione rendendola una delle più importanti al mondo.