La forma dell’intelletto”, Angelo Gueli in mostra

Il 25 gennaio, nelle sale di Konnubio, locale dall’ormai consolidata doppia indole – ristorante e spazio espositivo – nei pressi delle Cappelle Medicee, nel quartiere San Lorenzo in Firenze, prenderà avvio, per Gusto Visivo, la mostra che inaugura la programmazione del 2025. “La forma dell’intelletto” è il titolo della personale di Angelo Gueli, architetto e artista che vive e lavora nella città fiorentina. A cura di Loredana Barillaro, l’esposizione presenta un insieme di lavori realizzati su carta a partire dal 2018 sino alla produzione più recente; un percorso che permette di comprendere appieno l’evoluzione stilistica compiuta, caratterizzata dalla presenza di temi ed elementi graditi all’artista: il mito, la storia, la scultura antica e le forme dell’architettura. La mostra rimarrà aperta fino al 14 aprile.
Così scrive Loredana Barillaro: E’ duplice l’anima che sta alla base delle opere di Angelo Gueli. C’è il fare ligio e ragionevole dell’architetto, che non rinuncia però, come è d’obbligo, alla creatività, e c’è l’aspetto chiaramente legato alla parte istintuale del sé, di quella parte che prende le mosse dalla bellezza per compiersi con la bellezza. L’artista ci restituisce la riflessione sul passato, un passato che, rimembrando su se stesso, giunge a noi nella contaminazione tipica della contemporaneità.
Fino a poco tempo fa soggetto prediletto dell’artista era il faro, quale elemento architettonico affascinante e solitario che nelle sue opere diventa, mediante l’elemento fantastico, angolo onirico della mente nel suo peregrinare, a cui da sempre indica la via e in cui, verosimile e inverosimile, diventano un tutt’uno nel luogo del futuribile dove, forse, non è possibile rintracciare limiti e confini.
Le opere in mostra appartengono a due momenti distinti nella produzione di Angelo Gueli, seppur vicini cronologicamente e tematicamente; se da un lato la composizione si arricchisce del colore dall’altro si alleggerisce nella mutata trattazione degli elementi: l’infinito tratteggio, il fare minuzioso che ci chiede uno sforzo nell’indagare l’immagine lasciano spazio ad una scena minimale, in cui è facile rintracciare le componenti.