In 70 anni si può ricordare molte volte, forse mai abbastanza. Non è attribuibile un termine unico di volte in cui ricordare, commemorare, celebrare, compiangere, mistificare, tutte azioni fine a se stesse; ben altra cosa è assimilare, riempire il proprio DNA di anticorpi forti come il rispetto, l’antirazzismo e valori universali di tolleranza ed armonia, simbolo di maturità condivisa da tutti gli abitanti sulla terra. Non vogliamo concentrarci sulle tragedie riconducibili al termine olocausto, alle stragi in nome della religione dei giorni incredibilmente attigui ai nostri, ma alla quotidianità anche in termini di immigrazione e di conoscenza delle culture altre dalla nostra.

CHILDREN WHO SURVIVED AUSCHWITZ CONCENTRATION CAMP AFTER LIBERATION

Abbiamo voluto contrapporre nel servizio di FirenzeFuori:
le immagini di repertorio per tenere in mente quanto sia lontana da noi quell’atrocità e le foto della mostra di via Cavour n.18 “Firenze 1944: riapre la scuola ebraica” per non spengere mai la speranza di un mondo davvero libero dall’odio. Come audio abbiamo scelto la testimonianza diretta di chi esattamente come noi, e voi, è italiano, cittadino del mondo, e si è ritrovato in una condizione che di umano non ha niente. Perché nei campi di concentramento ci sono deceduti ebrei, zingari, omosessuali e oppositori politici. Ma di fronte ad un odio così forte, che senso ha identificare la nazionalità la provenienza la condizione? E che senso ha, come si sente spesso in giro, dire “che palle un’altra giornata della memoria”, beh noi diciamo: Si ancora la giornata della memoria.